Intervista Radiofonica
16 Maggio 2000
Riportiamo il testo di un'intervista radiofonica che Marco ha rilasciato ad Alessandro Fabbri

Abbiamo qui con noi ospite delle nostre frequenze radiofoniche Marco Parente un artista di grande talento in concerto a Gabicce Mare al Caffèscuro accompagnato in questa sessione musicale da altri tre giovani artisti italiani che rispondono al nome di Cristina Donà, Stefano Bollani e Christian Calcagnile. La sua carriera artistica inizia dapprima come batterista dei CSI negli album "Ko de mondo" e "Linea gotica" e successivamente prosegue collaborando con Andrea Chimenti nell'album "L'albero pazzo".

Nel 1997 decide di intraprendere la carriera solista incidendo per l'etichetta indipendente CPI l'album "Eppur non basta". Aperta una breve parentesi partecipando assieme ad altri giovani artisti emergenti italiani al tributo dedicato a Robert Wyatt ritorna in studio a registrare un nuovo album, che è poi l'ultimo della serie, intitolato "Testa, dì cuore". Un curriculum breve, ma artisticamente molto intenso e di alto livello creativo.

Marco, che effetto fa, oggi, guadarti alle spalle dopo tutto quello che hai speso di te stesso per riuscire a farti apprezzare dal grande pubblico?
Mah, faccio sempre abbastanza difficoltà a guardare indietro.
Penso sia anche una cosa positiva per la sopravvivenza mentale e fisica. Spesso succede che amici o membri del gruppo nel momento in cui si deve riaffrontare un nuovo disco o delle nuove canzoni mi ricordano delle cose che io ho scritto per le quali erano rimasti colpiti e io per quanto posso essere d'accordo non riesco mai a tornare indietro su quei passi anche se ne vedo dei bei spunti, delle belle canzoni e cose in cui ancora credo, non riesco proprio a riaffrontarle se non invece reinventandomi e guardando avanti, forse più che guardando avanti guardando ad allora, sempre al presente. Il presente oggi per me è aver fatto uscire un secondo disco come "Testa, dì cuore" un disco, ora posso essere abbastanza sincero o comunque più che altro obiettivo, distaccato perché è uscito già da un po', un disco faticoso, un disco impegnativo, un disco controverso, un disco ambiguo, un disco contraddittorio, un disco, per il quale, ancora, non è il momento giusto. Io ho preso consapevolezza di questo: non è forse il suo momento e questo non gli toglie niente. Però io penso che qualsiasi musicista, se ha un minimo di valore, è onesto rispetto a ciò che prova e quindi è sincero. Io penso di esserlo stato, però fa i conti con il giustapporsi, con le persone alle quali ti rivolgi e forse questo momento storico, chiamiamolo così, non vuole accorgersi o non è disposto ad impegnarsi ad ascoltare un disco come "Testa, dì cuore". So benissimo che è un disco che può essere ascoltato a vari livelli e che comunque ha un impatto abbastanza traumatico, difficoltoso, soprattutto per chi si era tanto affezionato al primo disco. Io di questo me ne sono fatto carico e me ne assumo tutte le responsabilità, ma ancor di più devo assumere la responsabilità di essere sincero verso quello che volevo fare e come lo volevo fare. In questo caso, ripeto, è molto controverso, forse, l'argomento in generale che viene trattato. Quest'imperativo "Testa, dì cuore" è un imperativo scomodo da un certo punto di vista, è meglio far finta di niente e quindi in un clima com'è quello in cui oggi si vive, io lo posso anche capire perché la musica non è per tutti fondamentale come per chi la fa e allora magari in una serata o nella propria passione di una melodia, di una musica si cerca qualcos'altro. Sicuramente questo è un disco che ti costringe a una tensione che inizia con Falso movimento e che finisce con Rampe di slancio e non si ferma mai e quindi capisco se qualcuno questo non l'accetta o comunque non l'accetta quotidianamente. Anch'io ho avuto difficoltà in questo senso, soprattutto in lavorazione perché sapevo che il tema era talmente grande e forse più grande di me proprio nell'atteggiamento quotidiano delle persone nel compiere un gesto dignitoso verso te stesso, verso gli altri, quindi talmente quotidiano che prima di tutto non ha fine, questo disco non avrà mai fine. Non ha un punto in realtà perché è un esclamazione che poi comunque è un movimento come una preghiera, lo faccio oggi, domani ho delle tentazioni, non ce la faccio e quindi in questo senso è un disco che anch'io vivo in maniera contraddittoria e io forse in qualche modo sono riuscito a metterci un punto e a godermelo nel momento in cui solo musicalmente devo suonarlo, reinventarlo o riproporlo, non nel riascoltarlo sicuramente… E a questo punto sono già dall'altra parte a pensare già a delle nuove canzoni a un terzo disco e chiaramente sempre con il bagaglio di questi due dischi e con la sincerità del momento che sto vivendo.

Il titolo del tuo ultimo lavoro "Testa, dì cuore", sembra quasi un imperativo a volerci lasciare in "sospeso", un lavoro che per certi aspetti rompe gli schemi dettati dal tuo album d'esordio che si intitola "Eppur non basta". Pur conservando i preziosi e i caratteristici arrangiamenti d'archi di Erika Giansanti e di Paolo Clementi, il tuo prezioso e primordiale amore per la batteria, risulta però nel complesso un album dai toni più sporchi, più elettrici, più distorti e d'avanguardia rispetto al precedente. L'esperienza del tributo a Robert Wyatt nel frattempo è stata l'occasione per ricercare nuove fonti di ispirazione?
No…(ride). Devo essere sincero. E' stata un'esperienza assolutamente positiva ma abbastanza isolata. E' stata un'esperienza prima di tutto la conoscenza con un artista come Robert Wyatt più approfondita, poi la collaborazione con i La Crus, ma semplicemente un'esperienza. Tra l'altro nel momento in cui si è affrontato quest'esperienza "Testa, dì cuore" era già in cantiere anzi era già nella sua fase critica di ripensamenti e di ritocchi. Il disco, come hai detto tu, è sicuramente un disco molto diverso da "Eppur non basta", ne è il proseguo da un certo punto di vista. "Eppur non basta" non dico che era una rinuncia però non è un'affermazione come "Testa, dì cuore" non c'era il gesto della volontà, non c'era l'imperativo. "Eppur non basta" era una constatazione di uno stato, invece "Testa di cuore" è il tentativo di dargli una risposta, o per lo meno il tentativo di dirlo anche se è solo nell'aria che per compiere un buon gesto verso te stesso e verso gli altri non è affatto naturale nell'essere umano che si è evoluto o involuto, ma è una scelta che tu devi fare, come un imperativo quindi, come una preghiera e te lo devi imporre quotidianamente…

Ho qui fra le mani le copertine dei tuoi due album che mi incuriosiscono non poco, La prima di "Eppur non basta" mostra il tuo viso bendato e con un occhio direi "ciclopico" che sembra quasi un ammonimento dantesco del tipo "guai a voi anime prave..." La seconda invece rende i palazzi all'orizzonte quasi come fossero funghi surrealisticamente schiacciati fra di loro... Spiegami un po' le ragioni di questa tua scelta stilistica così originale e così unica…
In realtà c'è una linea in comune. Anzi due linee in comune. Prima di tutto il fotografo con cui ho sempre pensato le copertine, sia la prima sia quella del secondo lavoro anche se la prima era una fotografia isolata dal suo lavoro, invece la seconda è proprio il lavoro con cui lui sta facendo strada, con cui fa mostre e che a me ha colpito tanto. Però se osservi attentamente c'è una linea tra i due dischi ed è la deformazione. Appunto l'occhio ciclopico in "Eppur non basta" e questo squarcio metropolitano surreale ma alla fine idealmente reale dove il centro di questo caos, di questo incombere dei palazzi è un uomo qualunque che attraversa delle strisce pedonali. Io personalmente nell'attraversare le strisce, nel centro esatto più o meno della copertina ci ho visto quest'imperativo, ci ho visto il dì. "Testa, dì cuore" ci ho visto l'attraversamento rispettoso perché comunque sia sei su delle strisce pedonali. Comunque sono due dischi diversi, con un taglio diverso anche a livello grafico, però forse proprio perché la mano è la stessa e forse perché il musicista è lo stesso c'è una linea comune che è abbastanza forte che è quella della deformazione.

In questi giorni parallelamente ai concerti che stai tenendo un po' in giro per l'Italia sei impegnato a Firenze assieme a Cristina Donà alla realizzazione del video di "Senza voltarsi", e per il quale so che ti stai orgogliosamente autofinanziando per realizzarlo; una mossa direi orgogliosa da parte tua per lanciare questa canzone e che viene tratta dal tuo ultimo album "Testa, dì cuore": che cosa si prova a collaborare con un'artista di talento come Cristina e quali sono i vostri punti in comune?
Punti in comune ve ne sono veramente tanti. Io conosco Cristina già dal primo disco e da quando ci siamo conosciuti, e secondo me più riconosciuti per un certo verso, ci siamo ripromessi di lavorare insieme. Caso vuole che il primo passo casualmente l'ho fatto io, poi è arrivata anche la mia partecipazione nel suo disco in "Brasil". Secondo me è stato un riconoscersi, un percorso che qualcuno ha definito "io e Cristina siamo dei gemelli separati dalla nascita" mi è piaciuta questa definizione, poi nel lavorare io a "Testa, dì cuore" e lei a "Nido" spesso ci sentivamo. "Testa, dì cuore" è un album di tantissime coincidenze, quasi inquietante per certi versi e lo è anche "Nido" quindi penso ci siano delle "affinità elettive" da questo punto di vista e credo ci sia un'amicizia tra me e Cristina che sfocia nella musica perché comunque è la nostra vita e ha sempre un bel contegno, un bel comportamento l'uno verso l'altro, non è come spesso può succedere amicizia come un colpo di fulmine, ci si dice tutto in un mese e poi alla fine non si è poi così uguali, non si è così vicini. Invece con Cristina lo si fa nei giusti tempi; questo dipende molto da lei che ha questi tempi e forse meno da me… (ride)

Certamente non è facile riuscire a fare apprezzare queste valide ma altrettanto coraggiose forme di cantautorato italiano (parlo di te, di Cristina Donà, di Ginevra di Marco, etc...) alla maggior parte del pubblico. Non credi che guardandoci intorno con attenzione ci sia un generale senso di decadenza musicale per certe scelte di gusto così superficiali a volte da parte di chi ascolta musica e che penalizzano artisti di talento come te?
Se mi facevi questa domanda un mese fa ti avrei ovviamente super appoggiato e avrei cominciato ad inveire verso molte persone e a volte lo penso ancora. Bisogna però vedere la situazione in un modo più distaccato e vedere ciò che si fa in maniera più globale e se ci pensi bene le cose in realtà stanno migliorando nonostante il grande appiattimento, e questo è un dato di fatto che è la conseguenza di una situazione storica della società. E' chiaro che non ti puoi aspettare che persone come me o come altri vengano riconosciute così in maniera reale, però il fatto che già si facciano dei dischi, si facciano dei concerti, si facciano degli eventi, ci si incontri, questo già assomiglia molto ad una sorta di movimento che non c'era prima in Italia. Io devo dire che appunto ho fatto due dischi, non so quanto abbiano venduto, ma che sono comunque riconosciuti dalla critica. C'è anche da fare i conti con una certa ingenuità e con un certo provincialismo per cui secondo me solo ora si inizia a fare delle cose competitive. Prima si scimmiottava, si era abbastanza ridicoli in questo, ora secondo me iniziano ad esserci dei bagliori di reale competizione con ciò che ci viene per forza proposto a volte dal mercato inglese o americano.

Ricollegandomi un po' alla risposta che mi hai appena dato apprezzo molto la tua sfida a vincere quest'indifferenza e questo senso di vuoto che "sembra" quasi annullare il più delle volte queste forma di creatività umana così originali tant'è che nei testi si intravede in maniera chiara quest'ambizione a volare in alto da parte tua e di confrontarti con tematiche a volte anche complesse, ("Parola seria ma non troppo è Dio..." recita la prima strofa di Karma Parente) lasciando intravedere una tua sfera emotiva intima e personale di grande spessore e livello, di una persona che di musica ne ha ascoltata... eccomi tutto questo contorno di parole per chiederti semplicemente chi e come possono aver influenzato in maniera incisiva il tuo percorso e il tuo stile musicale così originale?
A questo non so dare una risposta molto chiara, penso negli anni di essermi formato e di essermi fatto un'idea più o meno consapevole di ciò che mi colpisce e di ciò che mi interessa nella musica e in senso stretto rispetto anche ad argomenti testuali dei testi. Io ho incominciato a scrivere nel momento in cui ho cominciato a cantare quindi abbastanza poco tempo fa. Nella musica invece ci sono da molto più tempo e lì ho fatto i miei passi. Ero sempre affascinato da un certo tipo di gusto e quindi da un certo tipo di musicisti e lì è stata la mia palestra e allora dare sfogo con i pochi mezzi che avevo, a copiare anche, ma non a copiare e quindi a fare una cover, ma a pensare come potevano aver fatto quel suono che magari era impercettibile che inizi a notare dopo molto tempo e da lì con i pochi mezzi, appunto, inventarsi delle storie perché alla fine delle storie non erano assolutamente vere cioè sicuramente loro avevano dei mezzi reali, noi no però questo è una cosa che a volte mi manca anche perché dal contatto con i pochi mezzi si tira fuori una forza espressiva ed una fantasia che poi piano piano perdi, come se tu ti affievolisci. Il computer, ad esempio, è un esempio lampante di questa pigrizia. Per quello che riguarda invece la parte tematica penso siano appunto mie considerazioni sulla mia vita in rapporto alla vita e alle persone. Io ho incominciato a scrivere quando ho trovato il mezzo e il mezzo era la voce ed è venuto tutto in maniera molto naturale senza pensarci troppo, senza riferimenti letterari, notando all'inizio un'inclinazione non alla malinconia ma a una critica più che all'esaltazione della bellezza e che comunque esiste, e forse in "Testa, dì cuore" ancora di più, però in maniera più ermetica per certi versi. Devo dire la verità, non so perché affronto temi come quello di Dio però se lo noti bene non è affrontare un problema di fede. E' come se io dentro di me dicessi "ma perché nessuno non dice che le cose stanno così…". Eppure è chiaro, ma nessuno lo vuole dire, a me non riesce non dirlo, alora la prima cosa che mi viene in mente è di metterlo su una canzone. Spero che nessuno me lo dica mai perché secondo me devono sempre venire fuori le cose che vengono dette nella sofferenza che prima di tutto sono la mia sofferenza. Non è una saggezza, nella mia non c'è saggezza e quindi non oso e non sono in grado di insegnare, ma prima di tutto lo dico a me quello che sto dicendo, poi se questo viene condiviso o accettato o apprezzato da altre persone questo mi fa sentire meno solo, almeno nei miei pensieri.

Come vedi questa "partenogenesi" dei Consorzio Suonatori Indipendenti? Ferretti che va a Berlino a sperimentare nuove avanguardie sonore, Ginevra di Marco che assieme a Magnelli ha appena pubblicato il suo primo disco, tu stesso che hai intrapreso precedentemente la strada come solista; io credo che al di là della scelta di proseguire autonomamente per proprie strade ho l'impressione, in realtà, di un gruppo molto affiatato e in sintonia davvero invidiabile e che non si riconosce in modo altrettanto similare in altre band italiane dove il senso della familiarità rappresenta un elemento importante nella quotidianità degli individui... Qual'é il tuo parere in merito?
Penso che sia abbastanza giusta la riflessione. Sicuramente sono tutte persone alle quali prima o poi questa coerenza verrà riconosciuta. Uno come Ferretti mi sembra che non abbia bisogno di certi riconoscimenti, a parte che non si finisce mai di aver bisogno di riconoscimenti soprattutto se si rischia sempre, e non entro nel merito dei miei giudizi a riguardo di questo tipo di lavoro. Ginevra Di Marco e lo stesso Magnelli, sono persone che comunque hanno affrontato con coerenza il loro lavoro e questo più o meno esplicitamente prima o poi gli verrà riconosciuto.

Che rapporto hai con la tua casa discografica, e soprattutto cosa ne pensi del prezzo dei CD giunti ormai a livello di beni di lusso oltreché della pirateria musicale sempre più dilagante?
Il mio rapporto con la casa discografica penso sia la storia più vecchia del mondo anche se Sonica è una casa discografica molto aperta e che mi ha dato carta bianca. Comunque c'è sempre di che lamentarsi, ma questo secondo me fa parte dello spirito umano. Se fossi in un'altra casa discografica sicuramente mi lamenterei molto di più e di altro. Per quello che riguarda il prezzo dei CD si è sempre in materie abbastanza scontate ma che comunque nessuno ne vuole tenere più di tanto da conto e spero solo, e non mi spaventa questo, che ci fosse un bel vero tracollo, come c'è stato all'epoca in America non per la discografia ma per altre cose, ma se c'è bisogno di una lezione che venga data in maniera chiara, quindi se c'è un malgoverno nel mondo della discografia, anche se a me mi danneggerebbe, io preferisco si faccia un po' tabula rasa, si riazzeri tutto in modo che si riparta in maniera più dignitosa. Purtroppo tutti abbiamo le mani legate perché si possono abbassare i prezzi dei CD se noi che siamo dei musicisti decidiamo di levarci del nostro e c'è anche chi lo fa, però il resto lo fanno le case discografiche, lo fa il mercato. Mi dici delle cose anche abbastanza complicate delle quali io non sono neanche informatissimo, però sono convinto che in fondo la musica si deve divulgare e questo diventa un prezzo troppo caro per essere divulgato…

Come è nata la tua collaborazione artistica con Stefano Bollani che questa sera ti accompagna in questo originale quartetto assieme a Cristina e al suo batterista Christian Calcagnile? Come si è materializzata questa tua amicizia in questo interessante progetto per pianoforte e voce che state portando a spasso per l'Italia? Avete intenzione di pubblicare qualcosa assieme alla tua casa discografica per formalizzare questo originale progetto artistico?
Intanto tengo a precisare che Stefano Bollani non mi accompagna. Stefano è un'artista, un musicista, che ha una sua carriera, un suo nome, una grandissima personalità e che ha un talento smisurato e quindi non accompagna Marco Parente ma suona insieme a Marco Parente e Marco Parente suona insieme a lui, spesso insegnandogli molto e io imparando molto da lui, probabilmente molto più di quanto lui non impari da me, se impara qualcosa (ride….) Per quello che riguarda un'uscita discografica mi interesserebbe molto perché la prima di questa collaborazione, ed eravamo solo io e Stefano, è stata registrata e ben documentata su un master e anche riascoltando il materiale è molto buono. Anche lì si tratterà di capire quali sono i tempi giusti a livello discografico. Se fosse per me li farei uscire subito a pubblicazione anche perché certe cose bisogna prenderle sull'euforia e sull'entusiasmo del momento. Comunque la cosa è ancora molto viva, per cui la stiamo riproponendo e poi la cosa con Cristina nasce sempre da questa affinità, abbiamo un brano che ci unisce e quindi qualsiasi occasione è buona per suonare insieme. Ora in questo caso ci sono un musicista come Stefano che riesce a percepire tutto, ad imparare molto velocemente tutto e anche Cristian Calcagnile, il batterista che suona con Cristina è a sua volta un grande estimatore di Stefano per cui ci sono delle possibilità per cui l'incontro vada al di là di una sola canzone, ma che trovi terreno comune e fertile per fare un concerto insieme dove siamo quasi sempre tutti insieme sul palco.

Siamo ormai giunti al termine di quest'intervista con Marco ed è tempo di bilanci. Quali progetti futuri hai, che cosa ci si aspetta di te?
Visto che la promozione di "Testa, dì cuore" è stata abbastanza complicata, per non rimanerci troppo male ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo iniziato a lavorare a una serie di eventi che non sono il semplice portare dal vivo la tournee di un disco e quindi io sto preparando una colonna sonora che verrà suonata dal vivo da un quartetto insieme ad una compagnia di danza la "Company blu" di Firenze su un adattamendo da "La Tempesta" di Shakespeare e che verrà messa in scena alla fine dell'estate ad un festival di danza a Castiglioncello. Poi c'è un festival che faremo a Losanna, andremo un po' fuori dall'Italia e quindi ci confronteremo con persone che non capiscono quello che dico e farà forza solo la musica e l'interpretazione e vedremo quale sarà la reazione. Un'altra cosa importante sarà il mese di luglio; dovrei essere coinvolto in una carovana organizzata da Antonio Bertoli che è una casa editrice, è una libreria ed è anche un organizzatore di Firenze, che dovrebbe far girare con un pullman per tutta l'Italia tutti i grandi della beat generation, vecchi e nuovi come Alfio Zinghetti, Gregory Corso, Arabal, dei mostri sacri e con i quali con grande umiltà e riconoscenza sono stato chiamato anch'io e quindi dovremo andare nelle piazze d'Italia e mettere su uno spettacolo di tre ore di reading, di improvvisazione, ognuno con il suo set e nel quale io verrò a contatto con tutta una serie di grandi personaggi. Ho cercato di legare questa esperienza alla scrittura di un libro visto che è stato proposto dalla Mondadori, da una collana, se avevo delle cose. Io in realtà ho un grande rispetto per tutte le forme d'arte per chi ci ha lavorato e studiato e quindi non mi sentivo di scrivere un libro di sana pianta però quest'esperienza invece mi sembrava molto bella da riportare in forma di diario personale e di esperienze che vivo. Queste sono più o meno le cose che alla fine mi impegneranno molto perché sono cose da rifare e cosa molto importante, sono già in fase di lavorazione per il terzo disco e del quale ho già scritto diverse canzoni e vorrei riuscire ad uscire entro l'anno, al massimo i primi dell'anno nuovo.

Alessandro Fabbri

...E ciò che rimane dei popoli Lo nascondiamo dentro ai pugni chiusi